Articolo a cura di Gemma Sergi e Elsa Nappa. Prima dell’avvento dei Normanni, nell’XI secolo, il territorio aversano era popolato da piccoli raggruppamenti, casali e ville, come il piccolo villaggio di Sancti Pauli at Averze. Esso non aveva, fino alla conquista normanna, una precisa fisionomia territoriale, giuridica o amministrativa. Solo con l’avvento dei normanni, cominciò ad avere un assetto ben definito. Con ogni probabilità si trattava di uno stanziamento di tipo religioso, legato all’originaria cappella di San Paolo, sulla quale i Normanni edificarono, nel 1053, la Cattedrale di Aversa.
La facciata del Duomo, in stile barocco, è dovuta agli interventi d’inizio Settecento voluti principalmente dal vescovo Innico Caracciolo, restauri dovuti ai vari terremoti che si sono susseguiti nel corso dei secoli e che fecero crollare gran parte dell’edificio.
Il prospetto è scandito orizzontalmente in una parte inferiore ed in una superiore, mentre verticalmente si presenta tripartito da lesene giganti di ordine corinzio. Sopra al portale centrale c’è una balaustra con un grande finestrone a tutto sesto, e a tutto sesto è anche la piccola finestrella nel timpano in alto.
Sulla destra della facciata, un ponte collega il campanile del 1493 alla cattedrale. Esso è retto agli spigoli da gruppi di quattro colonne per angolo e termina in alto in forma ottagonale, dove è murato un busto marmoreo che raffigura forse un guerriero normanno, identificato prima con Rainulfo Drengot, poi con suo fratello Asclettino, secondo conte di Aversa.
Unica nel suo genere è la cupola ottagonale che sormonta il duomo, che si presenta con un tiburio ottagonale caratterizzato da un doppio ordine di finto loggiato, rifatto nel XIII secolo. Poco si conserva, quindi, dell’aspetto originario dell’antica Cattedrale. Unica parte antica rimasta intatta è, infatti, il deambulatorio.
Internamente, la chiesa si presenta con un impianto a croce latina, cioè a braccia disuguali, suddiviso in 3 navate, delle quali la centrale è più alta e illuminata dalle finestre poste in alto. Tali navate sono scandite a loro volta in campate, separate dalla zona presbiteriale da un transetto. Per quanto riguarda la navata centrale, essa è separata da quelle laterali da una serie di pilastri, ma in origine al posto dei pilastri c’erano delle colonne. All’inizio della navata si notano, ai due lati, due acquasantiere del XVII secolo di Francesco Maggi in marmi policromi sormontate da bassorilievi: quello a destra con la raffigurazione dell’Infermo che si tuffa nelle acque della piscina probatica, l’altro a sinistra con la raffigurazione di Mosé che fa scaturire l’acqua dalla rupe.
Proseguendo con la navata destra, si incontra un primo dipinto: “La conversione di San Paolo”, una tela del XVII secolo realizzata da Carlo Mercurio. Verso la fine della navata, si ha il secondo dipinto, L’ “Adorazione dei Magi” dell’artista fiammingo Cornelis Smet, attivo nell’Italia Meridionale nel XVI secolo. Grazie al restauro del 1985, è stata restituita all’opera la sua caratteristica principale, propria della pittura fiamminga del XVI secolo: la brillantezza dei colori, specialmente il rosso, ottenuta con l’utilizzo di colori ad olio, che permetteva di effettuare sfumature in modo più semplice rispetto ai colori a tempera, che si asciugava più rapidamente. Altra caratteristica della pittura fiamminga, riscontrabile in questo dipinto, è l’interesse per il dettaglio. Smet, infatti, in questo dipinto, ha cercato di rendere ogni elemento – vegetale o architettonico – con realismo. Tutto viene enfatizzato dalla presenza della luce che delinea perfettamente non solo i personaggi, rappresentati quasi sempre di tre quarti, ma anche ogni singolo elemento presente sulla scena: le fronde degli alberi, che mostrano in maniera molto evidente delle foglie di quercia, le colonne scanalate, le arcate sullo sfondo, il paesaggio che si intravede al di là di queste e persino la stella cometa nel cielo. Un elemento curioso è riscontrabile nel dipinto: il Re Magio sulla destra presenta le gambe di colore diverso rispetto al resto del corpo. Non si sa se la cosa sia dovuta ad un errore di Smet, alla sua intenzione di rappresentare le gambe coperte da delle calze o ad un restauro mal riuscito.
Seguono, continuando verso il transetto, La Sala del Capitolo e la Cappella delle Reliquie, caratterizzate dalla presenza di un pavimento maiolicato e corredate da vari affreschi e dipinti, uno dei quali attribuito a Michele Regolia della “Madonna col Bambino, i Santi Pietro e Paolo e il Vescovo Carafa”, risalente al XVII secolo, che riporta anche una veduta di Aversa. Il dipinto è da considerare un prezioso documento che ci testimonia le fattezze della Cattedrale in quel secolo e che può essere paragonata alla veduta della stessa Cattedrale presente nel dipinto di Angiolillo Arcuccio del “Martirio di San Sebastiano”, risalente invece al XV secolo, ospitato nel Museo Diocesano del deambulatorio.
Si giunge, quindi, nel transetto destro. Qui è posto un classicheggiante altare marmoreo con rilievi dell’Annunciazione, i Santi Pietro e Paolo, la Trinità e lo stemma dei Lucarelli, importante famiglia Aversana, opera di Salvatore Caccavello.Sull’altare centrale, una grande tela col “Martirio di San Sebastiano” di Paolo de Majo. Prima dei restauri settecenteschi, su questo lato si trovava l’ingresso originario della Chiesa.
Sul lato sinistro è infine collocato un dipinto con la “Crocifissione e Santo Stefano” del 1452 di Giacomo Andrea Donzelli, pittore aversano, attribuito però da alcuni a Pietro Negroni.
Al centro, il transetto separa le navate dal presbiterio, dominato dall’altare maggiore realizzato su progetto di Luigi Vanvitelli. La decorazione pittorica della volta fu affidata dal vescovo Domenico Zelo all’artista napoletano Camillo Guerra che, tra il 1857 e il 1858, realizzò il ciclo di affreschi raffiguranti gli “Episodi della Vita di San Paolo”, culminanti al centro della volta con la rappresentazione dell’ “Apoteosi di San Paolo”. A sinistra del presbiterio, inoltre, notiamo la presenza del trono vescovile marmoreo realizzato nel 1493 che in origine era posto a poca distanza dall’altare.
Alle spalle del presbiterio sorge il deambulatorio, unica parte antica della cattedrale originaria che dal 2003 ospita il Museo Diocesano. E’ scandito in sette campate con volte a crociera, sulle quali si aprono alcune cappelle radiali; in origine esse erano 5, ora invece sono solo 3 dal momento che una è stata abbattuta per far posto allo scalone del seminario vescovile e un’altra è stata tompagnata.
Appena imboccato il deambulatorio, si notano diversi monumenti funerari sulla sinistra e, di fronte, quasi centralmente, quello del Vescovo Balduino de Balduinis risalente alla fine del 500 con accanto un dipinto ovale con la rappresentazione dell’ “Adorazione dei Magi” di Aniello Rossi, realizzato tra XVII e XVIII secolo. L’opera ha subito un restauro parziale, come si nota dalla nuova brillantezza dei colori delle figure in primo piano. Quelle sullo sfondo, infatti, risultano molto più scure.
Sulla sinistra, poi, vi è una tela con la raffigurazione dell’ “Adorazione dei Magi” dell’artista calabrese Pietro Negroni, realizzata nel XVI secolo. L’opera fu commissionata dai Frati Minori Osservanti di Aversa e realizzata intorno agli anni 40 del XVI secolo. La Sacra Famiglia si presenta sul lato sinistro del dipinto, separata dal resto dei personaggi situati, invece, sul lato destro – diversamente da come accade nel dipinto di Smet, dove invece la Sacra Famiglia è rappresentata unita al resto dei personaggi – e mostra in primo piano i tre Re Magi in adorazione, mentre sullo sfondo una moltitudine di individui, pastori e giovani, sono addossati gli uni agli altri ma determinati singolarmente grazie alla presenza di sfumature e di una varietà di colori resa possibile dalla tecnica della pittura ad olio con cui è realizzata l’opera.
Lo stesso discorso, parlando di tecnica pittorica, può essere fatto per un altro dipinto del Negroni, la “Natività”. Realizzata con la collaborazione di Girolamo Cardillo, nello stesso periodo dell’ “Adorazione dei Magi”, per i Frati Domenicani dell’attuale chiesa di San Domenico di Aversa, l’opera vede in primo piano la rappresentazione della Sacra Famiglia mentre, sullo sfondo, figure di pastori ed Angeli riempiono gran parte dei vuoti della scena. Anche qui l’opera è caratterizzata dalla presenza di colori e sfumature, tuttavia qui si notano colori più scuri rispetto a quelli del dipinto precedente, che è stato sottoposto a restauro, e ciò è dovuto al fatto che i colori ad olio, col tempo, tendono a scurirsi.
Seguono il Portale marmoreo degli Eddomadari, risalente alla fine dell’XI secolo, i cui rilievi, di forma rettangolare, facevano parte degli stipiti del portale maggiore della chiesa. Il primo raffigura San Giorgio e il Drago, mentre il secondo un Elefante e due leoni affiancati in ghirlande circolari; il monumento funerario del Vescovo Monzolo, un trittico della fine del 400 raffigurante San Michele Arcangelo, due Santi ai lati e una Vergine con Bambino nella lunetta. Infine, verso la fine del deambulatorio, si trova il sepolcro di Luca Prassicio, filosofo aversano del 400.
Nel transetto sinistro è collocato il Tempietto di Loreto, eretto nel 1630 e che si tramanda sia la perfetta ricostruzione in scala del tempio della casa di Maria di Nazareth che, durante l’occupazione della Terra Santa, fu trasportata dagli Angeli fino a Loreto. L’ingresso originale del tempietto si trova ad occidente e all’interno sono presenti alcuni affreschi del XVII secolo, quali la “Moltiplicazione e benedizione dei pani”, “il Buon Samaritano” e l’ “Incoronazione della Vergine con Angeli e Profeti”. Sempre all’interno, inoltre, sono presenti molti ex-voto, tra i quali una palla di cannone offerta da Giulio II quando, nel 1510, il papa uscì indenne dai cannoneggiamenti dell’assedio di Mirandola.
La Navata sinistra, partendo dal tempietto, presenta una serie di piccole cappelle:
La prima è la Cappella del Sacramento contenente il monumento funerario del vescovo Caracciolo del 1738, sormontato da una statua marmorea della Fama accompagnata da un naturalistico leone bronzeo. Nell’ovale in alto, vi è un ritratto del vescovo realizzato su richiesta del cavalier Cristofari su dipinto di Antonio David.
Segue una seconda cappella con opere di Paolo de Majo dedicate alla passione di Cristo, ovvero “Andata al Calvario” e “Cristo nell’orto”.
La terza cappella ospita l’”Apparizione della Madonna di Loreto”, del 1717, di Nicola Mercurio; una “Santissima Trinità con San Ranieri” e “Episodi della vita di San Ranieri” di Aniello Rossi. Sempre opere di Aniello Rossi contiene la quarta cappella che raffigurano lo “Sposalizio della Vergine” sull’altare e, ai lati, “la Fuga in Egitto” e “Dubbio di San Giuseppe”. L’ultima cappella, infine, ospita due tele di Paolo de Matteis: “Predica di Santa Caterina d’Alessandria” e “Matrimonio di Santa Caterina” del 1710-12. Sull’altare è invece collocata l’opera di Giovan Battista Graziano, “Martirio di Santa Caterina” del 1589
Infine, si giunge al fonte battesimale. Esso non è sempre stato nel punto in cui si trova oggi, ma fu spostato per volere del Vescovo Pietro Orsini verso la fine del 500 che lo fece emergere da un luogo più basso e nascosto in cui si trovava prima, in un altro più luminoso, all’interno della chiesa stessa. Egli lo rivestì completamente di struttura marmorea policroma, dalle fondamenta, abbellendolo con immagini sacre scolpite nel marmo.
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